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Riduzione di capitale sociale (artt. 2445-2447 c.c. per le S.p.a. e artt. 2482-2482-quater c.c. per le S.r.l.). La normativa vigente prevede espressamente i seguenti casi di riduzione del capitale sociale.

Riduzione volontaria dei soci

Riduzione per decisione volontaria dei soci (artt. 2445 e 2482 c.c.). L’art. 2445, co. 1, c.c. prevede che «la riduzione del capitale sociale può avere luogo sia mediante liberazione dei soci dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci, nei limiti ammessi» dalle seguenti norme:

  • 2327 c.c. «Ammontare minimo del capitale sociale» (la S.p.a. deve costituirsi con un capitale non inferiore a € 50.000);
  • 2413 c.c. «Riduzione del capitale» nel caso di emissione di obbligazioni.

Ne deriva che sono consentite riduzioni reali di capitale sociale per ragioni di opportunità o di utilità valutate dall’assemblea dei soci, indipendentemente dal fatto che sia esuberante per il conseguimento dell’oggetto sociale.

La riduzione del capitale sociale andrà effettuata mediante la restituzione ai soci del capitale ovvero mediante liberazione dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti. La riduzione del capitale può avvenire anche mediante acquisto da parte della società di proprie azioni e il loro successivo annullamento.

L’ultimo comma dell’articolo in esame stabilisce però che «il tribunale, quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato idonee garanzie, dispone che la riduzione abbia luogo nonostante l’opposizione» (si vedano, in materia di tutela dei soci e dei creditori sociali, i commi 2 e 3 dell’art. 2445 c.c.).

Riduzione per perdite

Riduzione per perdite (artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter c.c.). In presenza di perdite, la società può ridurre il capitale sociale. Detta facoltà diventa un obbligo se il capitale sociale viene eroso in misura superiore al terzo e la perdita non viene ridotta nell’esercizio successivo (artt. 2446 e 2447 c.c.).

Si definisce «perdita d’esercizio» la variazione negativa che il capitale subisce per effetto della gestione; in relazione all’amministrazione si può distinguere fra perdita:

  • superiore a un terzo del capitale sociale;
  • non superiore a un terzo del capitale sociale.

Le perdite di capitale sociale si verificano solo quando le perdite subite (perdita d’esercizio più perdite a nuovo degli esercizi precedenti) superano l’ammontare di tutte le riserve di patrimonio presenti a bilancio e intaccano direttamente il capitale stesso. Non ha quindi senso parlare di perdite di capitale sociale quando le perdite subite possono essere compensate con le riserve.

Il primo comma dell’art. 2446 c.c. stabilisce in particolare, che «nell’assemblea gli amministratori devono dare conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione». Il secondo comma specifica che «se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l’assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio (…) deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate».

Si ricorda che il comma 3 dell’art. 2433 c.c. prevede che se si verifica una perdita del capitale sociale, non si può procedere a ripartizione di utili fino a quando il capitale sociale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente. I soci non sono obbligati a restituire i dividendi percepiti, qualora questi siano stati erogati in violazione delle disposizioni sopra menzionate, a condizione che la riscossione sia avvenuta in buona fede in base a bilancio regolarmente approvato, da cui risultano utili netti corrisposti (art. 2433, co. 4, c.c.).

Riduzione del capitale sotto il minimo legale. Se a causa della perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al di sotto del minimo legale gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di loro inerzia, il consiglio di sorveglianza devono senza indugio convocare l’assemblea e optare per una delle seguenti alternative:

  • riduzione del capitale e contemporaneo aumento a un importo non inferiore al minimo legale;
  • trasformazione della società in una tipologia compatibile con il nuovo ammontare del capitale sociale;
  • scioglimento della società.

Deroga – Legge di Bilancio 2021 L’art. 1, co. 266, L. 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge di bilancio 2021) ha sostituito integralmente l’art. 6, D.L. 8 aprile 2020, n. 23 («Decreto Liquidità»), recante misure per fronteggiare l’emergenza Covid-19.
A decorrere dal 1° gennaio 2021 è previsto che, per le perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020 (cioè nei bilanci che chiudono a quella data e nei bilanci a cavallo) non si applicano le seguenti disposizioni:

  • 2446, co. 2 e 3, c.c. Riduzione del capitale per perdite SPA;
  • art 2447 c.c. Riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale SPA;
  • 2482-bis co. 4, 5 e 6 c.c. Riduzione del capitale per perdite SRL;
  • 2482-ter c.c. Riduzione del capitale al disotto del minimo legale SRL;

è, inoltre, previsto che non operi la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, co. 1. n. 4 e 2545-duodecies, c.c.
Il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo stabilito dagli artt. 2446, co. 2, e 2482-bis, co. 4, c.c., è posticipato al quinto esercizio successivo (bilancio 2025); l’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate.
Nelle ipotesi previste dagli artt. 2447 o 2482-ter, c.c. l’assemblea convocata senza indugio dagli amministratori, in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare di rinviare tali decisioni alla chiusura del quinto esercizio successivo. L’assemblea che approva il bilancio di tale esercizio deve procedere alle deliberazioni di cui agli artt. 2447 o 2482-ter, c.c. Fino alla data di tale assemblea non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, co. 1, n. 4 e 2545-duodecies, c.c.
Le perdite soggette alla disciplina in commento devono essere distintamente indicate nella nota integrativa con specificazione, in appositi prospetti, della loro origine nonché delle movimentazioni intervenute nell’esercizio. Tale indicazione è volta a identificare e separare le eventuali perdite future non rientranti nella disposizione.

Riduzione per recesso del socio

Riduzione per recesso del socio (artt. 2437 e 2473 c.c. e Oic 28, par. 32) Hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle loro azioni, i soci che non hanno concorso alle deliberazioni riguardanti:

  • il cambiamento dell’oggetto sociale, che consente un cambiamento significativo dell’attività della società;
  • la trasformazione della società.
  • il trasferimento della sede sociale all’estero;
  • la revoca dello stato di liquidazione;
  • l’eliminazione di una o più cause di recesso previste dal secondo comma dell’art. 2437 c.c. ovvero dallo statuto;
  • la modifica dei criteri di determinazione del valore dell’azione in caso di recesso;
  • le modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione.

Inoltre, ha diritto di recedere il socio che non ha concorso all’approvazione di delibere in merito alla proroga del termine ovvero all’introduzione o alla rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari, ottenendo il rimborso delle proprie azioni, salvo indicazione contraria nello statuto.

Si ricorda che lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato dei capitali di rischio può prevedere ulteriori cause di recesso (art. 2437, co. 4, c.c.). Nell’ipotesi in cui le azioni siano quotate, i soci che non hanno concorso alla deliberazione che comporta l’esclusione dalla quotazione hanno diritto di recedere (art. 2437-quinquies c.c.).

La procedura di riduzione del capitale nel caso di recesso del socio si avvia con la comunicazione della dichiarazione di recesso.

Gli amministratori devono poi offrire in opzione agli altri soci le azioni del socio recedente, in proporzione al numero delle azioni possedute e nel rispetto di quanto disposto dall’art. 2437-quater c.c.

La società, per le azioni inoptate, ha diverse possibilità, ossia:

  • il collocamento presso terzi;
  • l’acquisto delle azioni proprie dal socio che recede, anche in deroga al comma 3 dell’art. 2357 c.c., in base al quale il valore nominale delle azioni proprie acquistate non può eccedere la decima parte del capitale sociale, tenendo conto anche delle azioni possedute da società controllate;
  • la riduzione del capitale per importo corrispondente alla quota posseduta dal socio uscente: va specificato che, in caso di rimborso superiore al valore nominale, la differenza deve gravare sugli utili e sulle riserve disponibili, o in mancanza, deve essere convocata l’assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della società. In questo caso l’assemblea straordinaria che delibera la riduzione del capitale sociale deve, pertanto, stabilire le modalità in base all’art. 2437-quaterc. e l’entità del rimborso della quota di capitale posseduta dal socio receduto, nel rispetto dell’art. 2437-ter c.c.

Va ricordato che la disciplina del recesso nelle S.r.l. diverge da quello delle S.p.a. per molti versi. In particolare, nella S.r.l. tale diritto compete al socio che non abbia consentito:

  • cambiamento dell’oggetto o del tipo di società;
  • alla sua fusione o scissione o alla revoca dello stato di liquidazione;
  • al trasferimento della sede all’estero;
  • all’eliminazione di una o più cause di recesso previste dall’atto costitutivo;
  • al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto della società determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci a norma dell’art. 2468, co. 4, c.c.

Il rimborso avviene mediante:

  • l’acquisto delle azioni del socio recedente da parte degli altri soci, in modo proporzionale alle partecipazioni o quote da questi possedute ovvero da parte di terzi concordemente individuati;
  • l’utilizzo di riserve disponibili;
  • la riduzione del capitale sociale nel rispetto delle disposizioni dell’art. 2482 c.c. al quale rimanda l’art. 2473, co. 4, c.c. e, qualora non risulti possibile il rimborso, la società viene posta in liquidazione (art. 2473 c.c.).

Riduzione per riscatto delle azioni

Riduzione per riscatto delle azioni (art. 2437-sexies c.c.) Nel caso di S.p.a., lo statuto può prevedere l’emissione di categorie di azioni relativamente alle quali sia previsto un potere di riscatto vantato dalla società ovvero dai soci, al verificarsi di determinati eventi. Il valore di riscatto è determinato secondo le modalità previste per i casi di recesso o secondo i criteri di determinazione del valore e il procedimento di liquidazione.

Riduzione per esclusione del socio

Riduzione per esclusione del socio (art. 2473-bis c.c.) Nel caso di S.r.l. si può disporre nell’atto costitutivo ipotesi specifiche di esclusione per giusta causa del socio. Il valore di esclusione è determinato sulla base delle modalità previste per i casi di recesso ovvero secondo il criteri di determinazione del valore e il procedimento di liquidazione ex artt. 2437-ter e 2437-quater c.c. Ad ogni modo non è possibile prevedere il rimborso della partecipazione mediante riduzione del capitale sociale.

Riduzione per morosità

Riduzione per morosità (artt. 2344 e 2466 c.c. e Oic 28, par. 33) Se il socio non effettua i versamenti richiamati, gli amministratori possono:

  • avviare l’azione per l’esecuzione del conferimento;
  • avviare il procedimento previsto dall’art. 2344 c.c.: trascorsi 15 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della diffida al pagamento, gli amministratori offrono le azioni agli altri soci, in proporzione della loro partecipazione, per un corrispettivo non inferiore ai conferimenti ancora dovuti. In mancanza di offerte, possono far vendere le azioni, rispetto alle quali il socio è in mora nei versamenti, «a suo rischio e per suo conto». All’acquirente vengono consegnate nuove azioni, in corrispondenza di quelle del socio moroso, che vengono annullate. Qualora la vendita non possa aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori possono dichiarare decaduto il socio, trattenendo le somme riscosse, salvo il risarcimento dei maggiori danni. Le azioni non vendute, se non possono essere rimesse in circolazione entro l’esercizio in cui fu pronunziata la decadenza del socio moroso, devono essere estinte con la corrispondente riduzione del capitale. Il socio in mora non può esercitare il diritto di voto. La messa in mora del socio comporta la riclassificazione del credito verso gli azionisti che diverrà «Azionisti morosi c/versamenti richiamati». In nota integrativa occorre fornire adeguata informazione sulla parte del capitale relativa ai versamenti richiamati, per i quali gli azionisti si sono resi inadempienti. Per la S.r.l. si applica la procedura prevista dell’art. 2466 c.c.

Riduzione per mancato rispetto delle norme che disciplinano l’acquisto di azioni proprie e della società controllante

Riduzione per mancato rispetto delle norme che disciplinano l’acquisto di azioni proprie e della società controllante (artt. 2357, 2359-ter e 2359-quater c.c.) L’annullamento delle azioni proprie in portafoglio, derivante dalla corrispondente riduzione del capitale sociale ai sensi dell’art. 2357, co. 4, c.c., può comportare conseguenze contabili diverse, a seconda che il valore di bilancio delle azioni proprie, rispetto al valore nominale sia:

  • uguale: all’eliminazione del valore delle azioni proprie iscritto all’attivo si contrappone, per lo stesso importo, la riduzione del capitale sociale; allo stesso tempo, la riserva azioni proprie in portafoglio (costituita in occasione dell’acquisto di queste ultime) diviene libera, interamente disponibile e va accreditata alle riserve da cui ha avuto origine;
  • maggiore: la differenza deve essere imputata a riduzione della riserva azioni proprie in portafoglio; la parte residuale della riserva azioni proprie in portafoglio diviene libera e disponibile;
  • minore: la differenza genera una riserva disponibile; in aggiunta a ciò, anche la riserva azioni proprie in portafoglio diviene libera e interamente disponibile.

Ci sono poi i casi nei quali, in seguito alla violazione dei limiti di acquisto delle azioni della controllante da parte delle controllate di cui all’art. 2359-bis c.c. ed in assenza di alienazione delle stesse, la società controllante è tenuta a procedere ad una riduzione di capitale con annullamento di azioni (si vedano gli artt. 2359-ter e 2359-quater c.c.).

Riduzione per revisione della perizia di stima

Riduzione per revisione della perizia di stima (art. 2343, co. 4, c.c.) Se dalla revisione della perizia di stima, eseguita dagli amministratori entro 180 giorni dall’iscrizione della società o dell’aumento di capitale, risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti è inferiore di oltre un quinto a quello per cui avvenne il conferimento, la società deve proporzionalmente ridurre il capitale, annullando le azioni che risultano scoperte.

Ad ogni modo il socio conferente può versare la differenza in denaro o recedere dalla società (in quest’ultimo caso il socio recedente ha diritto alla restituzione del conferimento, se è possibile in tutto o in parte in natura).

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