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Seguendo le istruzioni della circolare n. 33/E/2022, quasi tutte le situazioni di errore emergenti dalle comunicazioni di cessione o sconto in fattura sui bonus edilizi predisposte negli ultimi mesi possono essere corrette oltre il quinto giorno del mese successivo all’invio, comprese le omissioni. 

Restano nell’ombra due fattispecie piuttosto controverse: quella in cui il cessionario/fornitore non collabora all’annullamento e quella in cui il medesimo ha già proceduto a compensare parte del credito acquisito. Qualche difficoltà sembra emergere anche sulle cosiddette «cessioni a catena» già intervenute.

Partendo dalle situazioni più semplici (ed anche più frequenti) emerge che in tutti i casi in cui l’errore commesso nella comunicazione sia di natura formale, la soluzione è immediata: fermo restando l’intervenuta transazione e l’utilizzabilità del credito d’imposta, è sufficiente inviare tramite pec all’indirizzo indicato in circolare una segnalazione che spieghi l’errore indicando i dati corretti, a cura del soggetto che inviò la comunicazione originariamente errata. L’unica complicazione è relativa al fatto che le tante segnalazioni già effettuate in questi mesi (generalmente agli uffici locali) non verranno prese in considerazione ma occorre ripetere la correzione con la nuova procedura.

L’Agenzia delle Entrate apre alla possibilità, entro il 30 novembre, di procedere alla remissione in bonis in caso di inoltro tardivo o con errore della scelta tra sconto in fattura o cessione del credito.  È previsto il pagamento di una sanzione da 250 euro (non ravvedibile).

Chi sta effettuando lavori in casa usufruendo del Superbonus 110% o di altri bonus edilizi avrebbe già dovuto inviare al Fisco le comunicazioni delle opzioni di sconto in fattura o cessione del credito. Nel caso in cui l’invio dei documenti non sia stato effettuato, oppure siano stati inoltrati con errori all’interno, dall’Agenzia delle Entrate è arrivato il via libera per la procedura di correzione (remissione in bonis). La scadenza per inviarla è fissata al prossimo 30 novembre 2022, pagando una sanzione da 250 euro.

Con la risoluzione 58/E dello scorso 11 ottobre, l’Agenzia disciplina quindi la procedura di remissione in bonis da seguire per risolvere varie problematiche. Nello specifico, si potrà inviare per la prima volta all’Agenzia la comunicazione dell’opzione scelta tra sconto in fattura o cessione del credito, anche se questa andava inviata entro lo scorso 29 aprile. 

Si possono poi andare a correggere anche comunicazioni già inviate con errori e omissioni sostanziali. Si tratta di quelli che vanno a incidere su componenti fondamentali della detrazione e del credito ceduto. In tal caso bisogna però che ci sia il rifiuto del credito già acquisito dal cessionario o dal fornitore.

Aperta la possibilità di correggere gli errori sostanziali anche nel caso in cui il credito sia invece già stato accettato dal cessionario o dal fornitore. Serve inviare un’email (via pec) all’Agenzia delle Entrate, contenente l’istanza di annullamento dell’accettazione del credito, di cui non è ancora iniziata la compensazione in F24.

Il versamento della sanzione da 250 euro andrà effettuato con modello F24 ELIDE, indicando il codice tributo “8114”, denominato appunto “Sanzione di cui all’art. 11, comma 1, d.lgs. n. 471/1997, dovuta ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 16/2012 – REMISSIONE IN BONIS”.

Nel modello F24 ELIDE deve essere indicato il codice fiscale del primo cessionario o del fornitore che ha effettuato lo sconto in fattura con il codice identificativo “10”, denominato “cessionario/fornitore”. Con riferimento alla compilazione del modello F24 ELIDE, l’Agenzia spiega che nella sezione “CONTRIBUENTE” – nei campi “codice fiscale” e “dati anagrafici” – vanno indicati il codice fiscale e i dati anagrafici del soggetto titolare della detrazione ceduta o fruita come sconto.

In caso di lavori eseguiti sulle parti comuni condominiali, sono invece da indicare il codice fiscale e i dati anagrafici del condominio, oppure, in mancanza, del condomino incaricato dell’invio della comunicazione. Nel campo “Codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare” andrà indicato il codice fiscale del primo cessionario o del fornitore che ha acquistato il credito, unitamente al codice “10” da riportare nel campo “codice identificativo”.

Il Fisco prende poi in considerazione il caso in cui la comunicazione si riferisca a più fornitori o cessionari: andrà indicato il codice fiscale di uno di essi. E ancora: nella sezione “ERARIO ED ALTRO”, nel campo “tipo” va indicata la lettera “R”; nel campo “elementi identificativi” nessun valore; nel campo “codice” il codice tributo 8114; nel campo “anno di riferimento” (nel formato “AAAA”), l’anno in cui è stata sostenuta la spesa che ha dato diritto alla detrazione oggetto della comunicazione dell’opzione.

Stesso comportamento potranno tenere (con tempi più stretti) i soggetti Ires o dotati di partita Iva che “mancheranno” la scadenza loro dedicata. 

Acquisite le modalità di invio di una nuova comunicazione quando nel modulo originario è stato erroneamente indicato un ammontare del credito ceduto inferiore alla detrazione spettante o una spesa inferiore a quella sostenuta (paragrafo 5.2.2 della circolare), è ora possibile affrontare le ipotesi di errore sostanziale, ossia rilevante ai fini della determinazione della detrazione spettante (compresi i casi dell’indicazione di spese sostenute o di credito ceduto superiori ai valori effettivi).

Fondamentale, in queste fattispecie, è distinguere tra accettazione del fornitore/cessionario già intervenuta o meno. 

Nella seconda ipotesi occorre concordare con quest’ultimo soggetto il rifiuto del credito, così da mettere nelle condizioni il primo beneficiario del bonus (se non l’ha già fatto) di ripetere la comunicazione, eventualmente fruendo della «remissione in bonis». 

Il cedente, quindi, ha tutto l’interesse a comunicare formalmente tanto alle Entrate (con la pec) quanto al cessionario/fornitore che l’importo relativo alla prima comunicazione non può essere utilizzato e va annullato tramite rifiuto. 

Qualora, invece, il cessionario/fornitore abbia già accettato il credito, entrambi i soggetti (cedente e cessionario/fornitore) devono sottoscrivere l’istanza di annullamento, utilizzando il modello di richiesta allegato alla circolare, per poi eventualmente procedere con una nuova comunicazione. 

Si possono fare due osservazioni in proposito: in primo luogo, atteso che «con l’annullamento dell’accettazione del credito il plafond del credito compensabile in capo al cessionario viene contestualmente ridotto del relativo importo» (paragrafo 5.3 della circolare), cosa accade se il credito (attualmente per spese del 2020, ma in futuro anche per quelle successive) è già stato in parte compensato? La singola quota compensata, infatti, si rivela eccedente. Inoltre, il cessionario potrebbe a sua volta averlo ceduto a chi lo ha già in parte utilizzato.

Su questi aspetti la circolare non si sofferma, per cui rimane in dubbio come incidere sulle cessioni successive e, soprattutto, come ravvedere l’utilizzo indebito (è facile immaginare che vi saranno problemi nell’inquadramento della relativa sanzione, in considerazione delle divergenze tra Entrate e Cassazione sui concetti di «credito inesistente» e «non spettante»). 

In secondo luogo, se è vero che la procedura sembra poter funzionare senza troppi problemi con un fornitore o cessionario “privato”, non siamo così sicuri che il “legale rappresentante” di Poste o degli istituti di credito sia già disponibile a sottoscrivere le istanze di annullamento richieste dalle Entrate. 

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